“PER FAR CRESCERE I KIWI SU QUEL TERRENO CI VUOLE L'IMPEGNO DELLE ISTITUZIONI E IL CORAGGIO DI TUTTA LA COMUNITÀ”

Scritto da Valle del Marro Il . Inserito in 2018

Nuovo furto nel kiweto confiscato a Gioia Tauro: di nuovo sono state sradicate oltre un centinaio di piantine di actinidia. E’ il terzo episodio in due mesi. L'ennesimo attacco mafioso per impedire la coltivazione di quel terreno, simbolo di riscatto.

“Adesso basta. La situazione è insostenibile. Per questo chiamiamo a raccolta tutti” è lo sfogo del presidente della Valle del Marro - Libera Terra, Domenico Fazzari. “Quel piccolo kiweto che stiamo provando a far rinascere, è continuamente bersagliato. Le Istituzioni e la gente ci diano una mano concreta per rispondere a questo accanimento mafioso. SERVE UN INTERVENTO FORTE E RISOLUTIVO DA PARTE DELLE ISTITUZIONI, IN TUTTE LE SUE ARTICOLAZIONI. MA SERVONO ANCHE SCELTE NETTE DI RIFIUTO DELLA CULTURA MAFIOSA DA PARTE DEI CITTADINI, IN PARTICOLARE NELL'ESERCIZIO DELL'ATTIVITÀ ECONOMICA”.
E’ successo di nuovo, in un terreno agricolo in località Sovereto, nel Comune di Gioia Tauro. Un terreno di quasi due ettari, confiscato alla 'ndrangheta e assegnato nel 2013, per scopi sociali, alla Valle del Marro – Libera Terra.
La scoperta del furto è avvenuta il primo giugno, nel corso della mattinata. Le piantine di actinidia erano state messe a dimora una settimana prima, in seguito ad un precedente furto, denunciato il 7 maggio scorso, ma non reso noto. Allora i malviventi avevano portato via un centinaio di piantine. Adesso sono state prelevate 170. Ma il primo danneggiamento alle coltivazioni (che in quell'occasione furono in parte tagliate e in parte sradicate), risale al 28 marzo scorso. Tre furti, dunque, nello spazio di due mesi. Su tutti gli episodi stanno indagando i Carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro, diretta dal Tenente Gabriele Lombardo.

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Il valore complessivo dei danni comincia ad essere alto. Al costo delle piantine, più volte rubate, si sommano quelli della manodopera impiegata; poi sono da conteggiare i danni passati, dovuti ai continui sabotaggi all'impianto irriguo.
“L'estate scorsa il kiweto ha patito la sete e parecchie piantine sono seccate” ricorda Marina, socia della cooperativa. E' lungo l'elenco delle volte in cui Marina ha scoperto i segni dei sabotaggi per impedire che l'acqua del pozzo raggiungesse le piantine: il 26 giugno del 2017 veniva rubato del dissabbiatore dell'impianto irriguo; il 6 luglio e il 14 luglio successivi si verificava lo stesso fatto delittuoso; e il 19 Dicembre veniva nuovamente accertata la mancanza del dissabbiatore, e in più il taglio dei tubi di irrigazione. “Di volta in volta si allungano i tempi necessari per avere un kiweto produttivo” dice affranta Marina.
Il nuovo impianto di actnidia è stato realizzato tra l'aprile e il maggio del 2017. Il terreno, all'atto dell'assegnazione, era in totale stato di abbandono, pieno di rovi tenaci: l'originario kiweto completamente seccato, da tempo. “Cinque anni di duro lavoro di recupero” dice Marina. Si va così accumulando il ritardo nel rientro dell'investimento: e anche questo va calcolato nella stima dei danni.
Antonio Napoli, vice-presidente della Valle del Marro – Libera Terra, spiega che, subito dopo i furti, non era facile trovare le piantine di kiwi perché i vivai locali ne erano sprovvisti. Un vivaista del Nord, appena saputo del primo furto, si è fatto avanti per donare 170 piante.
“Per far crescere i kiwi su quel terreno” conclude Fazzari, “occorre che tutto il territorio reagisca fortemente, con scelte di coraggio. Si avrebbe, ad esempio, il coraggio di non vendere piantine di kiwi a chi è risaputo appartenere ad ambienti mafiosi? Si avrebbe il coraggio di non acquistare il frutto da produttori che agiscono secondo logiche mafiose? Si avrebbe il coraggio di non avvalersi del servizio di trasporto dei prodotti ortofrutticoli, offerto da aziende che è risaputo che appartengono ad ambienti mafiosi? Si avrebbe il coraggio di non prestare consulenza ad aziende che è risaputo che appartengono ad ambienti mafiosi? Insomma, si avrebbe il coraggio di rigettare in modo palese e deciso la cultura mafiosa? Attendiamo risposte forti e coraggiose, ma si faccia presto”.