Lavoro e calcio, la coop degli uomini liberi


Da Avvenire del 6 gennaio 2016,  pag. 5La sfida dell'accoglienza di Antonio Maria Mira

Bakary rigira tra le mani una piccola busta. Dentro c’è un assegno. Il suo primo stipendio regolare da lavoratore immigrato. Bakary ha appena 22 anni, viene dal Gambia, da un villaggio di capanne di fango. In Italia vive nella tendopoli/baraccopoli di San Ferdinando. Forse peggio dell’Africa. Ma almeno per più di due mesi, da metà ottobre a fine dicembre, ha avuto finalmente un vero lavoro.
A offrirglielo la cooperativa Valle del Marro, nata nel 2004 su iniziativa di Libera e della diocesi di Oppido-Palmi e col sostegno del Progetto Policoro della Cei per gestire terreni confiscati alla ’ndrangheta. Assieme a Bakary hanno lavorato altri cinque migranti poco più che ventenni: Gaye, Omar, Keita, Armel, Adama. Hanno raccolto olive e clementine, pagati come da contratto. Evitando anche i caporali per il trasporto. La coop per andarli a prendere alla tendopoli ha acquistato all’asta a Vibo Valentia un furgone confiscato a un clan.

Non è la prima volta che la Valle del Marro assume i migranti. Negli ultimi anni sono stati, infatti, una ventina, tra africani e rumeni, ricorda il presidente Domenico Fazzari dopo aver consegnato l’assegno a Bakary. E potrebbero aumentare. Domenico, infatti, ci spiega che «stiamo pensando a nuove iniziative, ad esempio borse lavoro anche per insegnare loro a potare gli ulivi. Così acquisiranno una professionalità. Speriamo che qualcuno ci dia una mano».

Intanto i giovani della cooperativa hanno regalato ai migranti reti, materassi e coperte per non farli dormire per terra. Un concreto aiuto che li vede a fianco del giovane parroco di Rosarno don Roberto Meduri. I sei fanno infatti parte della squadra del Koa Bosco, inventata dal sacerdote per integrarli e nella quale giocano 25 giovani africani (Bakary fa il portiere). Nel 2015 hanno vinto il campionato di terza categoria, quest’anno navigano verso il fondo classifica. Ma non è facile essere in forma quando si dorme per terra in una tenda o in una baracca, quando si viene sfruttati e si mangia poco.
Perciò è nata la collaborazione tra cooperativa, parrocchia e squadra che ha prodotto l’assunzione e ora si spera nuove iniziative. Ma c’è bisogno di altro. Chi volesse sostenere il Koa Bosco può contattare il profilo facebook. Si cercano benefattori, sponsor, soprattutto offerte di lavoro vero, regolare. Intanto uno dei sei, Adama del Burkina Faso, difensore, dopo la raccolta delle clementine ha trovato lavoro tre mesi come postino a Como grazie al lavoro che gli ha permesso di ottenere il rinnovo del permesso.
«Tutto ciò – riflette Domenico – rafforza in concreto la nostra scelta di testimonianza».